Questa non è una pipa: sì o no?
di Roberto Amadi artista immigrato digitale
Se ci venisse chiesto osservando la figura qui sotto,
"che cos'è?"
credo che molti di noi senza dubbio alcuno affermerebbero con
sicurezza:
"è una pipa!".
Non è bizzarro che il pittore Renè Magritte,
autore di queso quadro dipinto attorno al 1928,
abbia utilizzato una didascalia che invece lo nega?
"Ceci n'est pas une pipe."
"Questa non è una pipa."
Dove sta l'inganno? Si può svelare questa ambiguità, questo apparente paradosso?
La risposta c'è ma bisogna continuare la lettura per scoprirlo.
Magritte ha dipinto molte versioni del celebre quadro "Questa non è una pipa". Come accostarsi a queste opere? Cosa stiamo guardando? Cosa possiamo capire?
"Questa non è una pipa." è un'affermazione vera!
Infatti non è una pipa vera, non è una pipa che può essere fumata! Di fronte agli occhi abbiamo la rappresentazione pittorica di una pipa, che è un'altra cosa da una pipa vera: è qualcosa "che sta per", ma non è una pipa.
L'invarianza della forma tra la pipa dipinta e la pipa vera che invita alla stessa potenzialità di utilizzo favorisce l'inganno.
La differenza tra OGGETTO come RAPPRESENTAZIONE e OGGETTO
FISICO è densa di conseguenze per una teoria della conoscenza. La sorpresa,
il senso di spaesamento che abbiamo provato di fronte al lavoro di Magritte
ci dice che non avevamo compreso il vero significato
della sua opera. Ci avverte di quanto sia facile fraintendere, sbagliare
quando abbiamo a che fare con il RAPPRESENTATO; ci dice che è necessario
essere in possesso della “chiave di lettura” giusta, del CODICE corretto
per non travisare.
Ci dice che diamo per scontate delle cose che scontate non sono per niente.
Magritte ci fa intuire quanto può essere acuto l'approccio fenomenologico: in effetti nell'immagine vediamo una pipa che non può essere fumata. Tale constatazione
testimonia in maniera lampante (e solo così ce ne accorgiamo) delle
semplificazioni operate dal linguaggio, che si adatta alla realtà in
maniera da assolvere alle necessità pratiche-operative.
Il linguaggio opera delle
semplificazioni che, pur essendo a volte dei paradossi, non raggiungono il
piano della consapevolezza. Per descrivere questo fenomeno si può
parlare di "realismo ingenuo", nel senso che la logica ed il
pensiero evidenziano la realtà del paradosso dove per l'osservatore
"normale" non c'è nessun problema. Magritte parte dalla
convinzione che il rapporto tra il nome e la cosa nominata o
rappresentata è fissato arbitrariamente, la correlazione tra la parola
e la cosa che indica esiste solo in virtù di una convenzione che nella
vita quotidiana è vissuta come un fatto scontato.
Da qui la capacità
di sorprenderci delle sue opere sull'argomento (ne esistono diverse
versioni), esse infatti svelano la relazione del linguaggio con le realtà e
ci permettono di intuire una volta di più la natura misteriosa del
pensiero umano.
Chi era René Magritte?
Quando si parla del pittore belga René Magritte,(1898-1967) il pensiero va al surrealismo
o al realismo magico.
Studi all’Accademia di Bruxelles,
frequentazioni con le avanguardie del Novecento, come egli stesso ha scritto la svolta surrealista avvenne dopo aver visto il quadro di De Chirico "Canto d’amore".
Nel 1926 prese contatto con Breton, capo del movimento surrealista, e l’anno successivo si trasferì a Parigi dove rimase tre anni. Dopo di che la sua vita artistica si è svolta interamente in Belgio.
Magritte, ovvero la sfida al senso comune.
Nella sua attività non si è certo distinto per la ricerca stilistica, ma piuttosto per la continua ricerca finalizzata a liberare il pensiero dal preconcetto. Magritte ci invita a guardare alle sue immagini per quello che sono, prive di sovrastutture simboliche. In questo modo si riesce ad intuire il mistero dell'immagine in sé, che afferisce al grande mistero della mente che, per sua natura, non può comprendere la propria ragion d'essere.
Come lui stesso ha scritto, "La mente ama ciò che è sconosciuto. Ama le immagini il cui significato è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto."
René Magritte ha scritto:
"Quest'esperienza
pittorica che mette sotto processo il mondo reale mi fa credere
nell'infinità di possibilità ancora ignorate della vita. So di non
essere da solo ad affermare che la loro conquista è l'unico fine e
l'unica valida ragione dell'esistenza dell'uomo."
Da un testo di René
Magritte, pubblicato sulla rivista "L'invection collective" n.2,
aprile 1940.